VITE PARALLELE – Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia

Con lo spettacolo teatrale “Vite Parallele” diretto da Michalis Traitsis (Teatro Forum diretto da Roberto Mazzini), si è concluso il progetto teatrale “Passi Sospesi” 2006 – 2007 presso la Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia ed è stato presentato Venerdì 28 Settembre 2007 presso l’Istituto Penitenziario veneziano. 

“L’immagine che ho spesso della mia vita è quella di una linea parallela che da sempre non riesce a intersecare le linee, come dire, della normalità. 
E ammetto che qualche volta ne vado quasi fiero, in fondo la diversità non è la mediocrità della vita quotidiana, mi dico. 
Ma sempre più spesso mi trovo a pensare che non voglio più una vita parallela, ma una bella perpendicolare, dritta, con poche scosse e qualche sicurezza.
Non sono di quelli che scrive i giorni e poi li cancella ad uno ad uno, in un ossessivo conto alla rovescia. Però lo so che, giorno più giorno meno, sta per arrivare il momento in cui mi chiameranno, mi porteranno in matricola, mi riconsegneranno quei pochi oggetti del passato e percorrerò i cancelli a ritroso, nello spazio e anche nel tempo.
Finalmente un bicchiere di vetro, un abbraccio non a mezzo busto come nei telegiornali, lenzuola morbide, desideri, sfizi e peccati soddisfatti.
Finalmente spazi e nuove facce. Anche se poi… lo so già che proprio queste facce, almeno alcune, le ricorderò a lungo e mi sembreranno forse tra le migliori conosciute. 
Anche se poi.. qua è inevitabile lasciarsi vivere e obbligatoriamente dimenticarsi di affrontare la vita, le responsabilità!
Mi irrita constatarlo ma ho paura. E più mi ripeto che dovrei solo essere felice, più un senso di vertigine mi attanaglia. Cosa sarà?, come sarà, soprattutto come sarò?
In questi anni mi sono spesso detto che c’è una parola non voglio sentirmi pronunciare.. “domani”. Quanti e quanti ne ho sentito, bravi ragazzi e meno, tra un buco e un furto, ripetere “ domani”. C’è sempre tempo domani per cambiare vita. 
Ma domani sei già andato.
Non si tratta del pentimento a posteriori del coccodrillo né del desiderio sfrenato di affanni per arrivare a fine mese.. è solo che il tempo dell’incoscienza e dell’invulnerabilità inizia a nascondersi tra le rughe della fronte, che mia madre ha un velo bianco negli occhi, mia moglie mi guarda e non parla, il figlio cresce e alla antica e banale domanda “dove è tuo padre” cantilenata dai compagni non sa più cosa rispondere.
Già, è solo che… vorrei una possibilità da giocare.
Non è facile come pensarlo, farlo. E’ una grande, infinita fatica cambiare, guardare avanti. 
Il passato è là che ti spia dietro una persiana chiusa. Perché il passato è quello che sai fare e conosci bene, è volti, linguaggi, posti con cui hai dimestichezza. E’ concreta, materiale, possibilità di vivere e far vivere quelli che sono con te.
Ogni giorno mi dico che è solo perché non ho fatto abbastanza, è solo perché posso fare di più. 
Per ora i “più” totalizzati, in vertiginosa crescita, riguardano le risposte ottenute in ogni colloquio di lavoro, “ci penseremo, le faremo sapere, non disperi, vedrà.”
Mia moglie mi incoraggia, ma vedo i segni della stanchezza di questi anni di colloqui e solitudine e mi domando se e quando cederà.

Mio figlio mi chiede perché non sto con lui invece di stare tutto il giorno fuori casa e poi esclama che tanto ci è abituato. Bella consolazione!
Mia madre, quando non catturata dai suoi lunghi silenzi, urla che le ho rovinato la vita.
Mi torna in mente l’ultima sera con Bruno, il mio compagno di cella che sfottevo per il suo “iettarmi” con le sue preoccupazioni. 
Guarda che dovrai tenere duro, guarda che oggi è difficile per tutti, trovare un lavoro dignitoso, conservare un rapporto nel tempo e nelle difficoltà, fare capire a tuo figlio che non sono le tue strade che deve seguire ma cercare le sue. Che non mi devo sentire sfigato o perseguitato, sì, è dura per tutti. Così ha iniziato, così ha finito il suo monologo.
Certo, ce la volevo fare da solo ma ogni tanto va anche bene mettere via l’orgoglio senza sentirsi per forza sconfitti. E così domani ho l’appuntamento con l’assistente sociale.
Non aveva molto da propormi se non il suo sostegno. Ma intanto un posto c’era, in uno dei call center che di questi tempi sembrano andare per la maggiore. 
E così oggi ho iniziato, ciascuno al proprio posto, dentro cuffie e pause controllate. 
Stipendio a seconda di varie variabili ma il colloquio con il capo del momento me lo sono proprio gustato.
Lasciare fuori le rimostranze, lasciare fuori il sindacato, lasciare fuori i problemi famigliari, lasciare nella vescica la pipì il più possibile. E con serenità e voce suadente andare incontro ai bisogni dei clienti.
Ma in questo momento non ho alternative e ce ne sono tanti intorno a me, come si suol dire, nella stessa barca. Una barca silenziosa e rassegnata. 
Forse domani, magari domani, sì domani.”

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